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linee guida per la gestione dei rifiuti e degli scarichi idrici nelle Aziende Sanitarie dell’Emilia-Romagna

 (tratto da “GSA” n.4, Aprile 2010)

 

La corretta gestione dei rifiuti prodotti rappresenta un argomento sempre più sentito dalle Aziende sanitarie, per le responsabilità penali legate al mancato rispetto della normativa di riferimento e per il modo complicato in cui la normativa stessa è scritta. Per questi motivi, richiede un paziente lavoro di interpretazione e di definizione di compiti e responsabilità all’interno delle Aziende sanitarie.

 

Introduzione

Gestire correttamente rifiuti e scarichi è un problema di sostenibilità ambientale, per affrontare il quale occorre seguire comportamenti responsabili, non solo a livello di sistema, attivando misure organizzative, soluzioni tecnologiche e scelte economiche, ma anche a livello individuale, scegliendo e promuovendo comportamenti sostenibili.

La Regione Emilia-Romagna coordina le azioni delle Aziende sanitarie volte a ridurre la produzione di rifiuti, a gestire correttamente rifiuti e scarichi idrici, per ridurre gli impatti ambientali legati allo smaltimento dei rifiuti. Questa attività è condotta nell’ambito del programma “Il Sistema Sanitario Regionale per uno sviluppo sostenibile”, avviato con la
DGR 686/2007 e confermato di anno in anno nelle delibere di programmazione e indirizzo, come gli stessi autori hanno riferito in un precedente articolo su questa rivista (vedi GSA settembre 2009).

In particolare, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti sanitari, nel corso del 2009 si è conclusa l’attività di aggiornamento e diffusione delle “Linee guida per la gestione dei rifiuti e degli scarichi idrici nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna”, approvate con DGR 1155/2009 e divulgate organizzando due convegni nazionali, il primo svoltosi a Comacchio (FE) il 23/10/2009, il secondo a Bologna il 19/11/2009, a cui hanno partecipato complessivamente circa 370 operatori provenienti da diverse Regioni italiane.

 

Metodo

Le Linee guida sono il frutto della collaborazione fra il gruppo di lavoro “rifiuti sanitari” formato dalle Aziende sanitarie e coordinato dall’Assessorato Sanità e Politiche sociali ed esperti di altre Regioni e di ARPA Emilia-Romagna, che hanno proceduto secondo il seguente schema logico:

  • Verifica del grado di applicazione della prima edizione delle Linee guida, approvate con DGR 1360/2006;
  • Indagine su tipologie e quantità di rifiuti sanitari prodotti e costi, gestione delle risorse e degli scarichi idrici;
  • Confronto fra i referenti delle Aziende sanitarie e segnalazione delle criticità;
  • Definizione dell’indice del documento;
  • Suddivisione in gruppi di lavoro e stesura dei singoli capitoli;
  • Editing e invio alle Aziende sanitarie per osservazioni;
  • Integrazione delle osservazioni pervenute e proposta alla Giunta regionale;
  • Approvazione con DGR 1155/2009 e invio alle Aziende sanitarie della deliberazione;
  • Svolgimento di convegni pubblici gratuiti per la diffusione e presentazione delle Linee guida, nell’ambito dei quali si è svolta una tavola rotonda con i rappresentanti di Istituto Superiore di Sanità, Carabinieri, ARPA, Dipartimenti di sanità pubblica delle Aziende USL sui contenuti delle Linee guida e sulle priorità per la gestione[i] dei rifiuti sanitari.

 

Contenuti

Si riporta di seguito un breve riassunto dei capitoli in cui sono divise le Linee guida, in cui si evidenziano punti salienti, criticità e proposte.

 

Deliberazione – Nel testo della delibera 1155/2009 sono riassunti gli obiettivi delle Linee guida e gli strumenti per conseguirli. Obiettivi:

  • governo del processo di gestione dei rifiuti (controllo della quantità di rifiuti prodotti, del loro destino e dei costi sostenuti per la relativa gestione)
  • riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti prodotti;
  • aumento della quota di rifiuti destinati al recupero di materia ed energia.

 

Strumenti:

  • definizione di procedure gestionali ed istruzioni operative in cui siano individuati compiti, relazioni e responsabilità nelle diverse fasi del processo, nonché  strumenti di analisi, valutazione e controllo del processo stesso;
  • pianificazione e programmazione delle attività di informazione, formazione ed addestramento del personale necessarie all’introduzione ed alla messa a regime delle procedure;
  • attuazione di quanto pianificato;
  • verifica degli effetti di quanto attuato;
  • riesame del sistema e definizione delle azioni di miglioramento;

 

Introduzione – La costruzione del quadro conoscitivo relativo alla gestione dei rifiuti sanitari in Emilia-Romagna, in Italia e all’estero è risultato particolarmente complesso.

La produzione di rifiuti pericolosi a rischio infettivo nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna nel 2008 (ultimo dato disponibile) è stata di 9.373 tonnellate, che rappresenta circa il 10% del dato nazionale. Tuttavia, oltre a quelli di tale tipologia, le Aziende sanitarie producono una grande varietà di rifiuti, pericolosi e non pericolosi, speciali e assimilati agli urbani, assoggettati alla normativa generale o di settore (es. documenti di scarto, parti anatomiche riconoscibili, radioattivi). La ripartizione dei rifiuti nelle diverse frazioni, oltre che dall’applicazione coordinata delle norme, dipende da una molteplicità di fattori, fra cui i più significativi sono connessi all’assimilabilità dei non pericolosi agli urbani (definita dal regolamento dell’ATO), al grado di separazione nelle frazioni decise dall’Azienda sanitaria e all’adesione degli operatori alle procedure (funzione, a sua volta, della capillarità e dell’efficacia della formazione ricevuta). Una ulteriore complicazione nel confronto fra le Aziende è legata all’esternalizzazione dei servizi: per alcuni appalti (es. spurgo pozzi neri), il produttore dei rifiuti resta l’azienda sanitaria, per molti altri (es. ristrutturazione di immobili), l’appaltatore è anche produttore dei rifiuti derivanti dal servizio fornito.

Analoghe considerazioni si possono fare sui costi di gestione: per questi motivi, risulta molto difficile paragonare fra loro le Aziende sanitarie, ma una stima della situazione in Emilia-Romagna è rappresentata nella Figura 1.

 

Figura 1 – Ripartizione dei rifiuti prodotti nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna nelle diverse tipologie (quantità e costi)

Come illustrato nel citato articolo degli stessi autori apparso su questa rivista, nel gennaio 2009 è stata aggiudicata la gara regionale per la gestione dei rifiuti che ha interessato 8 Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna. Il servizio comprende, per tutti i rifiuti speciali, la fornitura dei contenitori, il prelievo dalle aree di deposito temporaneo, il trasporto e lo smaltimento/recupero e prevede la corresponsione di un prezzo per Kg di rifiuto secondo il tariffario (IVA esclusa) riportato nella Tabella 1. Per i rifiuti non pericolosi che possono essere recuperati (cartucce per stampanti, lastre radiografiche, imballaggi in carta, cartone, plastica, legno, metallo, vetro, metalli, rifiuti di cucine e mense) e per le batterie al piombo il servizio è gratuito.

 

Tabella 1 – Listino prezzi per il servizio di gestione dei rifiuti sanitari in Emilia-Romagna (€/Kg IVA esclusa)

 

Il confronto con le altre Regioni italiane risulta molto difficoltoso, in quanto la sola Regione che ha pubblicato i dati sulla produzione di rifiuti sanitari è il Piemonte. Uscendo dai confini nazionali, poi, si riscontrano sostanziali differenze nella definizione di “rifiuto infettivo”, ossia di quali sono i criteri in base ai quali un rifiuto deve essere considerato tale, evidenziando l’approccio estremamente cautelativo della normativa italiana (DPR 254/2003). Le Linee guida passano in rassegna le modalità di gestione dei rifiuti sanitari nei Paesi europei e negli Stati Uniti, esaminano i rischi nelle strutture sanitarie connessi alla gestione dei rifiuti e propongono di rivedere la  normativa sulla definizione di rifiuto infetto, da considerare tale se costituito da:

  • liquidi biologici fluidi;
  • materiali contaminati da sangue infetto (non solo se visibile) o da altri fluidi di pazienti infetti: al contrario, non è opportuno considerare infetti tout court gli oggetti contaminati da sangue, ad esempio, i batuffoli originati all’atto di un prelievo;
  • materiali abbondantemente contaminati da pazienti in isolamento per infezioni da patogeni multiresistenti ad alta diffusibilità o resistenza nell’ambiente (es. VRE ).

 

Quadro normativo – Le Linee guida esaminano la normativa applicabile alla gestione ambientale nelle Aziende sanitarie che, per la gestione di rifiuti e scarichi, devono ottemperare a normative di settori assai disparati, ad esempio:

  • Rifiuti: D.Lgs 152/2006, parte IV; DPR 254/2003; D.Lgs. 230/1995; DGR 1155/2009; Regolamento 1774/2002/CE;
  • Scarichi: D.Lgs 152/2006, parte III; DM 367/2003; LR 22/2000; LR 7/1983; DGR 1053/2003;
  • Trasporto delle merci pericolose (e di gran parte dei rifiuti pericolosi): Direttiva 2008/68 CE; D.Lgs. 285/1992;
  • Gestione e scarto dei documenti: DPR 445/2000; D.Lgs. 42/2004; D.Lgs. 196/2003;
  • Parti anatomiche riconoscibili: DPR 285/1990; LR 19/2004;
  • Sostanze stupefacenti: DPR 309/1990.

Alle leggi e regolamenti sopra richiamati si aggiungono i regolamenti ATO o comunali per i rifiuti urbani e il servizio idrico integrato e la giurisprudenza, rendendo necessario un paziente lavoro di razionalizzazione e coordinamento.

Dal quadro così delineato emerge la difficoltà nel raccordo fra le normative di settori diversi
(es. ADR, classificazione di sostanze e miscele, sottoprodotti di origine animale, documenti, sostanze stupefacenti, radioprotezione) e, dalle segnalazioni dei referenti, emergono difficoltà nei rapporti con i soggetti che assimilano e gestiscono i rifiuti urbani e che intervengono nel processo di autorizzazione degli scarichi idrici.

Una ulteriore difficoltà emersa dalla verifica sul grado di applicazione delle precedenti Linee guida risiede nell’analisi interna alle Aziende sanitarie sulle quantità e sui costi di gestione dei rifiuti, funzionale al riesame periodico del sistema, legata anche alla interdisciplinarità delle tematiche ambientali e alla conseguente necessità di stabilire rapporti di fiducia e collaborazione fra strutture organizzative aziendali diverse, in particolare la Direzione Medica di Presidio, le Fisica Medica, i Servizi Tecnici.

Proprio in considerazione di quest’ultimo punto, le Aziende sanitarie devono intraprendere con decisione un processo che prevede una serie di passaggi obbligati:

  • Definizione di ruoli e responsabilità: sviluppo dello strumento della delega di funzioni, come delineato dall’ampia giurisprudenza disponibile;
  • Creazione di un sistema informativo: è necessaria la definizione e il monitoraggio di specifici indicatori per i processi che hanno un impatto sull’ambiente e per i progetti volti a ridurre tali impatti;
  • Attuazione di progetti trasversali: l’Azienda deve mettere in pratica la collaborazione fra settori aziendali diversi, finalizzata a raggiungere un determinato obiettivo di riduzione dei propri impatti ambientali;
  • Passaggio da una logica “comando/controllo”, ossia di ricerca della conformità, alla logica “guida del processo”, nell’ottica della ricerca dei determinanti dei problemi e del miglioramento continuo delle performance ambientali. In questa direzione, l’Informazione, Formazione e Addestramento (IFA) del personale svolge un ruolo chiave per far crescere nel personale la consapevolezza sulle conseguenze del proprio comportamento e per responsabilizzare i soggetti che devono applicare il sistema di deleghe sopra richiamato.

 

Scarichi idrici – Un’indagine condotta fra le strutture sanitarie pubbliche dell’Emilia-Romagna condotta nel 2008 ha fornito alcune informazioni sulla gestione degli scarichi idrici provenienti dalle strutture ospedaliere e dei rifiuti prodotti dai laboratori analisi delle Aziende Sanitarie. La Figura 2 riporta una sommaria descrizione degli scarichi provenienti dalle strutture ospedaliere.

Figura 2 – descrizione degli scarichi delle strutture ospedaliere

 

Un approfondimento sui trattamenti effettuati sugli scarichi ha mostrato che vi sono disomogeneità nella classificazione e che sono operativi impianti di stoccaggio, di trattamento chimico-fisico e di clorazione prima dell’immissione in corpo recettore (rete fognaria o corpo idrico). Si esaminano quindi le normative sulla classificazione degli scarichi, le procedure autorizzative, in particolare nel caso in cui siano presenti apparecchiature che recapitano in rete fognaria, e i casi in cui è giustificato un trattamento degli scarichi prima dell’immissione nel corpo recettore. Per facilitare il procedimento di autorizzazione, è consigliabile attivare un rapporto diretto con i soggetti interessati, organizzando in fase di rilascio o di rinnovo dell’autorizzazione un incontro preliminare con il gestore del Servizio idrico integrato, il Comune e ARPA, anche al fine di concordare l’eliminazione di pratiche inutili e costose quali frequenti campionamenti di scarichi assimilati ai domestici o clorazione di scarichi che recapitano in rete fognaria servita da depuratore. Infine, si approfondisce il tema dello scarico di reflui provenienti da apparecchiature o laboratori di analisi che, se compatibili con il trattamento erogato dal depuratore del servizio pubblico, consente di eliminare in sicurezza una rilevante quantità di reflui comunemente gestiti come rifiuti, collegando in modo stabile le apparecchiature alla rete fognaria e chiedendo la corrispondente autorizzazione.

 

Approccio per processi – La gestione dei rifiuti può essere vista come processo suddiviso in fasi:

  • classificazione dei rifiuti e attribuzione del codice CER;
  • separazione e raccolta nel luogo di produzione del rifiuto;
  • movimentazione interna e conferimento al deposito temporaneo;
  • registrazioni e adempimenti amministrativi;
  • trasporto esterno;
  • smaltimento o recupero.

L’Azienda sanitaria deve costruire un sistema documentale sulla gestione dei rifiuti che esamini ciascuna fase del processo e ne illustri con chiarezza lo svolgimento.

Nel caso in cui l’Azienda sanitaria incontri difficoltà nell’applicazione di disposizioni normative (es. per l’applicazione delle disposizioni relative all’accentramento dei registri di carico-scarico previsto dall’art. 8 del DPR 254/2003 e funzionale all’applicazione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI), è opportuno che si attivi concordando l’operatività con la Provincia competente e documentando tale attività a supporto delle decisioni assunte. L’intero sistema documentale deve essere disponibile in caso di verifica da parte delle autorità di controllo.

 

 

Trasporto su strada di rifiuti pericolosi e ADR – Si è inserito un capitolo che compendia le nozioni principali che riguardano la sfera di competenza del soggetto speditore di rifiuti pericolosi prodotti in ambito sanitario, ossia l’Azienda sanitaria. La materia è estremamente vasta e complicata, richiede conoscenze specialistiche, quindi si forniscono un glossario minimo e indicazioni per orientarsi sull’argomento, illustrando i principali adempimenti relativi ai rifiuti pericolosi (in particolare a rischio infettivo), quali classificazione, identificazione, scelta degli imballaggi, etichettatura, documentazione. Si esaminano anche le principali esenzioni, fra cui quelle relative alla natura del trasporto, in particolare in rapporto all’assistenza extraospedaliera e al conferimento dei rifiuti dagli ambulatori decentrati alle strutture di riferimento.

 

Rifiuti speciali pericolosi a rischio infettivo – Si approfondiscono i criteri in base ai quali sono identificati tali rifiuti e le principali criticità riscontrate nei reparti ospedalieri, legate, per l’appunto alla corretta classificazione del rifiuto da parte degli operatori e alla disponibilità di contenitori idonei in numero e dimensioni adeguati. Le ulteriori criticità segnalate riguardano;

  • gestione dei pazienti a domicilio, che necessita una particolare attenzione da parte dell’Azienda sanitaria, non solo per la gestione dei rifiuti prodotti dagli operatori, ma anche per quelli prodotti dai pazienti e dai loro familiari;
  • gestione dei rifiuti prodotti da soggetti convenzionati, che deve essere disciplinata nella convenzione medesima.

 

Rifiuti speciali pericolosi non a rischio infettivo – La classificazione è la “fase chiave” per una corretta gestione dei rifiuti e, nel caso di questa tipologia, risulta particolarmente complicata, per il l’intreccio fra normativa sui rifiuti e normativa sull’etichettatura di sostanze pericolose e loro miscele (preparati); infatti, entrambe prevedono soglie di concentrazione delle sostanze pure al di sotto delle quali le miscele o i rifiuti non sono pericolosi, ma tali soglie non coincidono e, per i rifiuti, non è chiara la corrispondenza fra superamento delle soglie e caratteristiche di pericolo da attribuire al rifiuto. Per affrontare tale situazione, si suggerisce di valutare la pericolosità o meno di un rifiuto in base ad un’analisi del processo che lo ha generato, basato sulle informazioni relative alle sostanze/miscele di partenza (ricavate dalle schede di sicurezza), sul bilancio di materia del processo e, solo in caso di dubbi, sul ricorso ad analisi di laboratorio. Anche in questo caso la materia è complicata, quindi si forniscono alcuni esempi sulla classificazione di miscele di Ortoftalaldeide (OPA) a diverse concentrazioni e degli imballaggi vuoti che hanno contenuto sostanze pericolose.

 

Rifiuti speciali non pericolosi e assimilati agli urbani – I rifiuti che appartengono a questa tipologia si differenziano solo per la possibilità di assimilazione prevista dal relativo regolamento comunale o dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO), predisposto dall’Agenzia d’Ambito, che rappresenta i Comuni dell’ATO. I rifiuti che possiedono i requisiti contenuti nel regolamento d’ambito sono assimilati agli urbani e affidati al gestore del servizio pubblico di raccolta, secondo quanto previsto dalla convenzione stipulata dal medesimo con l’Agenzia e, in particolare, dal capitolato tecnico, che ne è parte integrante; è obbligatorio il conferimento al gestore dei rifiuti assimilati agli urbani destinati allo smaltimento (privativa).

Per ridurre la quantità di rifiuti avviati a smaltimento, le Aziende Sanitarie sono tenute ad attivare specifici percorsi di raccolta separata per le singole tipologie di rifiuti non pericolosi che possono essere avviati al recupero, avvalendosi del Servizio pubblico o di ditte specializzate. La scelta dell’interlocutore è effettuata sulla base dei costi e del servizio offerto; la privativa comunale, infatti, non è prevista per i rifiuti destinati al recupero.

Le principali criticità relative a questa tipologia di rifiuti sono le seguenti:

  • classificazione difficoltosa per apparecchiature obsolete, pile, accumulatori e toner, poiché nella documentazione tecnica non è quasi mai preso in considerazione il contenuto di sostanze pericolose nei diversi costituenti, né la possibilità di separare le parti pericolose da quelle che non lo sono; di conseguenza il rifiuto deve essere considerato, nell’insieme, pericoloso. Per questo motivo, per l’acquisto di nuove apparecchiature e prodotti, è necessario prevedere nel capitolato tecnico che la ditta appaltatrice specifichi il codice CER dei rifiuti originati dalla fornitura (apparecchiature dismesse e materiali di consumo) e le eventuali caratteristiche di pericolo.
  • necessità, per i rifiuti costituiti da carta, cartone, plastica, vetro, metalli (es. imballaggi), di avviare a recupero solo materiali “puliti” o bonificati;
  • necessità di concordare con il soggetto che effettua la raccolta l’idoneità degli imballaggi che hanno contenuto sostanze pericolose. I simboli di pericolo e le frasi di rischio sui contenitori si riferiscono al contenuto e non agli imballaggi: questi, nella maggior parte dei casi, non sono pericolosi, o perché non affatto contaminati (secondari e terziari), o perché il residuo non è presente in quantità tale da rendere pericoloso il rifiuto d’imballaggio (primari), come illustrato nel capitolo relativo ai rifiuti speciali pericolosi non a rischio infettivo;
  • necessità di concordare con il gestore del servizio pubblico quali compiti sono attribuiti al gestore, quali all’Azienda sanitaria e quali alle ditte che hanno in appalto la gestione dei rifiuti speciali per conto dell’Azienda sanitaria; tali accordi e la ripartizione dei relativi oneri devono essere adeguatamente documentati;
  • stima delle quantità di rifiuti assimilati prodotti: in assenza di registrazioni (formulari, registri, MUD), occorre avere a disposizione stime ragionevoli;
  • gestione degli scarti alimentari: occorre prevenire lo spreco di alimenti e avviare a recupero gli scarti alimentari.

 

Rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento – Sono rifiuti che appartengono a questa tipologia: farmaci per sperimentazioni cliniche, parti anatomiche non riconoscibili, piccoli animali da esperimento, sostanze stupefacenti e psicotrope; quindi occorre definire modalità di gestione compatibili con le normative di settore, il cui raccordo con la normativa sui rifiuti è piuttosto difficoltoso. Si propongono soluzioni pratiche in tal senso.

 

Rifiuti prodotti da attività in gestione appaltata – La principale criticità riferita a questa tipologia di rifiuti è l’individuazione univoca del produttore, ai sensi dell’art. 183 D.Lgs.152/2006, che deve essere prevista già nei capitolati di gara, tuttavia la “paternità” dei rifiuti non sempre è definita per contratto e dipende dal grado di autonomia dell’appaltatore. La giurisprudenza9 afferma l’obbligo in capo al committente, indipendentemente dal livello di autonomia dell’appaltatore, di controllo sulle attività appaltate, quindi è necessario che l’Azienda sanitaria documenti tale attività per ditte appaltatrici e soggetti convenzionati.

Si esaminano le principali modalità di gestione (deposito temporaneo, trasporto e formulario, registro e MUD) per tre tipologie di contratto:

  • Massima autonomia decisionale della Ditta: prassi applicata in particolare agli appalti di lavori (costruzioni e demolizioni) e ai contratti cosiddetti “full service” o “chiavi in mano”. In ragione dell’ampia autonomia organizzativa del soggetto che eroga la prestazione (di seguito, per brevità, “la Ditta”), produttore e detentore dei rifiuti coincidono con la Ditta, che provvede alla loro gestione secondo quanto previsto nel contratto stipulato con l’Azienda sanitaria;
  • Limitata autonomia decisionale della Ditta: prassi applicata, ad esempio, alla gestione dei fanghi delle fosse settiche, vista la minore libertà di movimento del soggetto che eroga la prestazione (“la Ditta”). Si individua quale produttore dei rifiuti l’Azienda sanitaria in nome e per conto della quale sono svolte le prestazioni medesime, disciplinando nel contratto quali operazioni sono affidate alla Ditta, le modalità di esecuzione di tali operazioni e le procedure secondo le quali la Ditta e l’Azienda sanitaria provvedono alla gestione dei rifiuti: classificazione, codifica, imballaggio, eventuale deposito temporaneo, trasporto, smaltimento, compilazione e conservazione delle registrazioni e loro contenuti.
  • Limitate capacità gestionali della Ditta: prassi in uso in particolare nel caso di convenzioni con cooperative sociali o associazioni di volontariato (es. per la gestione delle aree verdi), in cui il soggetto che eroga le prestazioni è un mero esecutore materiale: produttore e detentore coincidono con l’Azienda Sanitaria. L’azienda deve prevedere nella convenzione quali rifiuti si originano dalla prestazione, come sono classificati e, in definitiva come devono essere gestiti. Di solito, l’azienda fornisce al soggetto che eroga la prestazione le attrezzature e i materiali necessari alla corretta gestione dei rifiuti.

Una particolare tipologia di rifiuti esaminati in questo capitolo è costituita dai Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE).

 

Parti anatomiche riconoscibili; prodotti abortivi, feti e prodotti del concepimento – Si esamina il raccordo con la normativa di polizia mortuaria (non sono rifiuti!) e si suggerisce una procedura operativa. In particolare, per prodotti abortivi, feti e prodotti del concepimento, tale procedura dipende dall’età gestazionale:

  • i prodotti del concepimento di presunta età gestazionale inferiore alle 20 settimane, in analogia con le parti anatomiche non riconoscibili, possono essere trattati come rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Di solito l’Azienda sanitaria si fa carico della gestione di questi prodotti del concepimento, tuttavia è facoltà della famiglia richiederne la consegna ai fini della sepoltura, impegnandosi a sostenerne gli oneri;
  • i prodotti abortivi di presunta età gestazionale dalle 20 alle 28 settimane complete e i feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di gestazione e che non siano stati dichiarati come nati morti devono essere considerati parti anatomiche riconoscibili e trattati come descritto nel capitolo corrispondente. Di solito la famiglia si fa carico della gestione di questi prodotti abortivi e feti, mentre l’Azienda Sanitaria interviene solamente in caso di espresso diniego.

 

Documenti e atti d’archivio – I documenti sono beni che appartengono al Demanio culturale, quindi le regole da seguire per una loro corretta gestione (compreso lo scarto) sono stabilite dalla normativa di questo settore, nella quale sono descritte, tra l’altro, le modalità di eliminazione del supporto documentale. Le Linee guida riportano una sintesi della direttiva “Selezione e scarto di documenti nelle Aziende Sanitarie”, trasmessa con la nota PG/2008/155070 del 24/06/2008 allo scopo di fornire alle Aziende Sanitarie indicazioni utili a definire modalità operative per lo scarto e l’eliminazione dei documenti, in grado di integrare fra loro le previsioni normative relative alla documentazione amministrativa, alla protezione dei dati personali e alla gestione dei rifiuti.

 

Rifiuti radioattivi – Per questa tipologia di rifiuti occorre integrare disposizioni di settori diversi. Le Linee guida esaminano alcuni passaggi normativi di difficile interpretazione e forniscono alle Aziende sanitarie gli elementi per verificare la conformità dell’assetto operativo/gestionale in uso rispetto alle indicazioni legislative entrate in vigore il primo gennaio 2001 a seguito delle modifiche e integrazioni apportate al D. Lgs. 230/1995.

Si prendono in considerazione tre modalità di gestione dei rifiuti radioattivi:

  • Restituzione delle sorgenti esaurite al fornitore e loro sostituzione;
  • Deposito per decadimento: imballaggio e deposito dei rifiuti in locale idoneo, in condizioni controllate, fino a quando la radioattività non sia decaduta a livelli tali da consentirne lo smaltimento come rifiuti sanitari non radioattivi (concentrazione < 1 Bq/g); raggiunta tale concentrazione, il rifiuto deve essere gestito come previsto dal DPR 254/2003. Questa soluzione è applicabile ai radioisotopi con emivita < 75 giorni. Le linee guida definiscono le caratteristiche del deposito;
  • Conferimento come radioattivo: si intende confezionamento secondo le modalità previste per i rifiuti radioattivi e conferimento a smaltitore autorizzato alla gestione di tali rifiuti ai sensi del D.Lgs. 230/1995 (artt. 31 e 33), perché vengano trasferiti a impianti di smaltimento finale in cui sono compattati e tenuti in deposito controllato fino a completo decadimento.

Una particolare criticità è rappresentata dai rifiuti che presentano anche un potenziale rischio infettivo: nel caso un cui un rifiuto presenti sia il rischio radioattivo che infettivo, si considera prevalente il rischio radiologico (è un rischio certo) rispetto al rischio infettivo (è un rischio potenziale), che è pari a zero nel caso in cui il rifiuto sia conservato in contenitori chiusi, che non permettano la dispersione di agenti biologici all’esterno e, nel caso di rifiuti taglienti o pungenti, siano utilizzati contenitori resistenti al taglio e alla puntura.

L’applicazione di una specifica procedura predisposta sulla base della posizione sopra illustrata consente alle Aziende sanitarie di gestire efficacemente i rifiuti prodotti da pazienti a cui sono stati somministrati radiofarmaci e di evitare la contaminazione accidentale dei rifiuti urbani o speciali pericolosi a rischio infettivo con radiofarmaci.

 

Informazione, formazione e addestramento degli operatori – I referenti delle Aziende sanitarie hanno espresso la necessità di definire standard minimi per la Informazione, Formazione e Addestramento (IFA) degli operatori sulla gestione dei rifiuti sanitari e di integrare tale attività con la formazione prevista dal D.Lgs. 81/2008.

La formazione è un processo aziendale ciclico, che comprende le seguenti fasi:

  • indagine sulla situazione esistente: l’esecuzione di verifiche ispettive nei reparti deve portare alla raccolta ed elaborazione di dati, possibilmente quantitativi, che fotografino la realtà esistente e consentano di analizzare le criticità;
  • progettazione: l’analisi delle criticità porta a formulare una scala delle priorità in base alla quale si definiscono i destinatari, i contenuti, la durata e la metodologia dei corsi;
  • esecuzione: l’erogazione dei corsi è accompagnata dalla verifica del grado di interesse dei partecipanti: è opportuno invitare i partecipanti a indicare punti di forza e criticità dell’iniziativa e suggerimenti per le attività future;
  • verifica efficacia: occorre elaborare indicatori di struttura (valutazione dell’organizzazione), di processo (valutazione degli eventi formativi) e di esito (effetti sul miglioramento nella gestione dei rifiuti);
  • riesame: l’Azienda Sanitaria, fra le attività da sottoporre a riesame della Direzione, deve inserire anche l’attività formativa per la gestione dei rifiuti, che devono essere periodicamente rivedute ed aggiornate.

L’attività formativa si è rivelata un fattore chiave di successo; infatti, le Aziende sanitarie che l’hanno inserita nei progetti di miglioramento della gestione dei rifiuti hanno ottenuto interessanti risultati in termini di:

  • miglioramento della separazione fra le tipologie di rifiuti prodotti, con particolare riferimento alla riduzione della produzione di rifiuti a rischio infettivo e all’incremento delle raccolte differenziate;
  • diminuzione dei costi complessivi sostenuti per lo smaltimento dei rifiuti a rischio infettivo;
  • miglioramento del grado di applicazione delle disposizioni normative e delle Linee guida della Regione, sia a livello sanitario (es. separazione rifiuti) sia a livello amministrativo (es. compilazione registri di carico e scarico);
  • maggiore sensibilità e interesse dei dipendenti al problema rifiuti e, per estensione, alle tematiche ambientali.

L’esperienza acquisita e i risultati ottenuti mostrano l’opportunità di attivare progetti di miglioramento da mantenere vivi negli anni, seguendo percorsi di formazione articolati su tre livelli: livello neoassunto, livello di base, livello avanzato.

 

Conclusioni

L’applicazione delle “Linee guida per la gestione dei rifiuti e degli scarichi idrici nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna” costituisce un passaggio importante verso l’istituzione e la formalizzazione di un “Sistema di Gestione Ambientale” (SGA) in grado di dimostrare l’impegno per lo sviluppo sostenibile delle Aziende sanitarie e di rendere prontamente disponibili all’organo di vigilanza i documenti che attestano l’organizzazione e l’impegno delle Aziende, in modo da superare il “trauma da ispezione”, trasformandolo in una occasione di confronto sulle priorità da affrontare per migliorare il sistema di gestione aziendale.

Questo nuovo approccio alla gestione ambientale consente di creare una rete di relazioni collaborative fra Regione, Aziende sanitarie, imprese che forniscono loro beni e servizi, Organi di vigilanza, altre Regioni, in vista della sostenibilità ambientale del sistema sanitario.

Un terreno di prova di questo sforzo è rappresentato dall’applicazione del SISTRI nelle Aziende sanitarie: occorre documentare l’articolazione delle responsabilità per la registrazione delle quantità di rifiuti prodotti in ciascuna sede aziendale, con l’individuazione dei soggetti titolari della “firma elettronica” che attesta la correttezza dei dati immessi, quindi ciascuna Azienda ha l’occasione di riflettere sulla strutturazione delle responsabilità nel suo complesso e di definirla in base a criteri trasparenti e di tutela ambientale.

Dal canto suo, la Regione si è assunta il compito di favorire un confronto costruttivo fra Aziende sanitarie e autorità di vigilanza.

 

D.Sgarzi°, A.Venturi Casadei°°

° Assessorato Politiche per la Salute, Regione Emilia-Romagna

°° Azienda USL di Cesena

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