HomesanitàLa sicurezza nei servizi esternalizzati

La sicurezza nei servizi esternalizzati

(tratto da “L’Ospedale” n.1, gennaio-marzo 2010)

 

Riassunto / Summary

 

La scelta di esternalizzare un servizio o una funzione richiede una approfondita analisi di ordine economico, nonché una analisi sulle implicazioni di ordine tecnico e politico circa i rapporti interni ed esterni all’azienda.

La fase successiva di gestione si pone precisi obiettivi, ben delineati dalla normativa vigente, ribaditi nei piani sanitari e nelle norme tecniche e sottolineata dal recente Testo Unico sulla Sicurezza.

È diventato di fondamentale importanza per le imprese dotarsi di un sistema di gestione della sicurezza che permetta alle stesse di non incorrere nelle pesanti sanzioni previste dal nuovo art. 25 septies, D.Lgs. n. 231/2001, il quale ha introdotto la responsabilità amministrativa in capo ai soggetti apicali anche per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime, commessi in violazione della normativa antinfortunistica e in materia di igiene e di tutela della salute negli ambienti di lavoro.

È possibile realizzare un adeguato modello di gestione suddividendo, schematicamente, il processo dell’appalto in quattro fasi: pianificare, fare, controllare, agire, secondo il modello della ruota di Deming, già utilizzato per gli standard di certificazione di qualità.

 

The choice of outsourcing of a service or a function requires deepened analysis of economic order to one, as well as an analysis on the implications of technical and political order around the inside and external relationships to the firm.

The following phase of management is set precise objective, well delineated from the actual normative fixed in the sanitary plans and in the technical norms and underlined from the recent Text Only on the Safety.

It has become of fundamental importance for the enterprises to endow of a system of management of safety that allows the same to not incur in the heavy sanctions foreseen by the new art. 25 septieses, D. Lgs. n. 231/2001, which has also introduced administrative responsibility in head to the subject apicalis, salesclerks in violation of the normative in subject of hygiene and guardianship of health in the environments of job. it is possible to realize a suitable model of management dividing, schematically, the trial of the contract in four phases: to plan, behavior, to check, acting, used already for the standards of certification of quality according to the model of the wheel of Deming.

 

Introduzione

 

La gestione della sicurezza delle sempre più complesse organizzazioni aziendali oggi si trova di fronte alla nuova dimensione disegnata dal massiccio incremento del ricorso all’outsourcing  di servizi tecnici: ciò comporta uno spontaneo incremento dei rischi per la sicurezza e dunque la necessità per le aziende di far fronte in modo programmato, anche a questa esigenza nei confronti dei subfornitori, per quanto riguarda la sicurezza umana e la tutela preventiva dell`ambiente.

Con la modifica apportata dalla legge n. 123/2007 (e con l’approvazione del T.U. sulla sicurezza sul lavoro, Legge n. 81/2009), l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, ha aggiunto, in capo al datore di lavoro committente, alcune nuove responsabilità in caso di affidamento di lavori in appalto.

È necessario evidenziare che anche un’altra modifica, operata dalla legge n. 123/2007 al D.Lgs. n. 231/2001, rende maggiormente necessaria una oculata gestione dell’appalto da parte del committente.

 

 

La direttiva quadro 89/391/CEE Obblighi dei datori di lavoro in presenza di imprese diverse

 

L’Art. 6, punto 4, della direttiva 89/391/CEE (direttiva quadro concernente l’attuazione delle misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, da recepirsi all’interno delle legislazioni degli Stati membri), sancisce il seguente obbligo generale dei datori di lavoro: “fatte salve le altre disposizioni della presente direttiva, quando in uno stesso luogo di lavoro sono presenti i lavoratori di più imprese, i datori di lavoro devono cooperare all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute, e, tenuto conto della natura delle attività, coordinare i metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, informarsi reciprocamente circa questi rischi e informare i propri lavoratori e/o i loro rappresentanti”.

La sequenza di misure indicate dal legislatore comunitario costituiscono la risposta prevenzional-protettiva al fenomeno della segmentazione ovvero dell’articolazione e della conseguente esternalizzazione di alcune delle fasi proprie di quello che un tempo era un interno ed unitario processo produttivo, nonché delle fasi o dei servizi accessori e collaterali eppure connaturati allo stesso processo ed anch’essi tendenzialmente eseguiti internamente ed unitariamente, altrimenti detto outsourcing, attuato mediante l’integrazione funzionale fra imprese diverse sulla base di contratti di collaborazione più o meno stretta (ma, almeno sulla carta, tali da non intaccare la reciproca autonomia dei soggetti) ed avente, letteralmente, quale oggetto l’acquisizione dall’esterno di un servizio (o di un bene) che l’imprenditore principale realizzava direttamente, mediante la propria organizzazione o che, sin dall’origine, attribuiva all’esterno ad imprese terze, da attuarsi mediante i contratti tipici di appalto, subappalto, somministrazione, subfornitura o quelli atipici, ad esempio, di factoring, engineering, ecc.

 

 

 

 

 

Outsourcing

 

Il termine outsourcing è usato in accezioni quanto mai ampie e diversificate, ponendosi, tuttavia, come un insieme di contratti finalizzati ad integrare all’esterno, anche attraverso dismissioni di porzioni o rami aziendali, funzioni e processi produttivi originariamente interni.

Si va, infatti, da letture estremamente estensive del concetto, tali da ricomprendervi tutte le attività comunque svolte non da lavoratori subordinati (lavoro autonomo, collaborazioni coordinate e continuative, lavoro temporaneo, staff leasing) a letture più ristrette che definiscono la fattispecie come l’’affidamento di una fase della produzione o di una funzione aziendale ad un’impresa mediante un contratto di appalto o di somministrazione di semilavorati, oppure, più limitatamente, solo come l’affidamento a terzi, attraverso l’appalto di servizi, di una funzione non direttamente produttiva, precedentemente svolta da una struttura interna dell’impresa committente o, ancora, come esternalizzazione di una fase della produzione vera e propria, attuata mediante contratti di subfornitura o di fusione o scissione societaria configuranti trasferimento d’azienda o di ramo aziendale.

 

Rischio interferenziale

 

L’esternalizzazione delle fasi accessorie o proprie del processo produttivo attuata mediante l’affidamento delle stesse a soggetti terzi attraverso qualsivoglia tipologia contrattuale di integrazione o, comunque, collaborazione, anche temporanea, fra imprese (ma, in particolare, attraverso gli schemi contrattuali dell’appalto, subappalto, somministrazione, subfornitura), si collega strettamente al sistema giuridico di tutela del lavoro.

Nel caso in cui l’esecuzione da parte dei terzi delle fasi accessorie o proprie del processo produttivo si realizzi promiscuamente all’interno di un medesimo luogo, stabilimento, struttura, con sovrapposizione delle diverse organizzazioni e dei diversi fattori di pericolo lavorativi ad esse connaturati, si genera il c.d. rischio interferenziale, sul presupposto di una maggiore esposizione dei lavoratori impiegati in questo contesto al rischio di incorrere in infortuni sul lavoro.

La promiscuità lavorativa, ovvero la sovrapposizione, la commistione, l’interazione, la compresenza di più organizzazioni di lavoro insistenti in un medesimo luogo ed operanti per la realizzazione della propria attività produttiva, ciascuno con peculiarità di strumenti, attrezzature, sostanze, uomini e mezzi e, quindi, con specificità di pericoli e di esposizione ai rischi lavorativi tipici delle opere o dei servizi ad essi affidati, è, infatti, causa o concausa frequente di infortuni sul luogo di lavoro.

Tale situazione, infatti, determinando l’alterazione della connessione lineare che lega il datore di lavoro, l’ambiente e la prestazione lavorativa e che costituisce il presupposto per la sua autonoma gestione delle misure precauzionali e sopportazione del rischio infortunistico lavorativo, atteso che i lavoratori dipendenti dalle imprese datrici di lavoro esterne operano in un ambiente sempre diverso, spesso predisposto ed organizzato dall’impresa ospitante (committente), sovente utilizzando attrezzature messe a loro disposizione dalla stessa, agendo, pur sempre, in un ambito più o meno marcato di eterodirezione, impone l’estensione delle regole preventivo-protettive poste a tutela della sicurezza e della salute durante il lavoro e dei soggetti ai quali esse normalmente si rivolgono.

 

Misure di sicurezza

 

Il precetto comunitario di cui all’art. 6, punto 4, della direttiva 89/391, dispone, quindi, un obbligo nuovo nella formulazione, di grande rilievo e di pressante attualità in relazione alla grande diffusione dei fenomeni di esternalizzazione delle opere e dei servizi all’interno dei processi produttivi e dei luoghi in cui essi si realizzano, determinando un incrocio sempre più frequente e affollato di organizzazioni di lavoro e di lavoratori, che vanno ben oltre il modello contrattuale più diffusamente utilizzato ovvero l’appalto (e il subappalto).

Ne consegue, pertanto, che per qualsiasi causa, si determini promiscuità lavorativa e con essa l’esposizione al pericolo interferenziale e, conseguentemente, si cagioni un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, dovranno essere rispettate misure di precauzione concertate e condivise, apparentemente in modo paritario, fra tutti i datori di lavoro delle imprese presenti nello stesso luogo.

Le misure individuate tassativamente dalla direttiva, alle quali dovranno conformarsi le legislazioni degli stati membri, sono:

 

Cooperazione  

–          la cooperazione all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute;

–          il coordinamento dei metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, in relazione alla natura delle attività esercitate;

–          l’informazione reciproca circa i rischi di cui sopra e l’informazione ai propri lavoratori e/o ai loro rappresentanti.

La misura della cooperazione all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all’igiene e alla salute esprime l’obbligo per tutti i datori di lavoro presenti nel medesimo luogo, con proprio personale in attività lavorativa, di operare insieme per il conseguimento del fine di rendere operative, applicare e controllare, le necessarie misure di prevenzione e protezione della sicurezza della salute e dell’igiene sul lavoro, comuni a tutte le imprese coinvolte.

 

Coordinamento  

La misura del coordinamento dei metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, in relazione alla natura delle attività esercitate, sembra, invece, esprimere l’obbligo di ordinare insieme le regole, ovvero i sistemi, prevenzionali e protettive relative ai rischi professionali di tutte le imprese coinvolte.

 

Informazione

Almeno in via indiretta, dal punto di vista logico e giuridico, la misura obbligatoria dell’informazione reciproca circa i rischi propri o generati dall’attività, dal lavoro eseguito dalle imprese coinvolte dovrebbe venire per prima ed essere propedeutica alla cooperazione e al coordinamento sopra analizzati.

La direttiva 89/391/CEE viene recepita nell’ordinamento giuridico italiano per mezzo del Titolo I del D.Lgs. n. 626/1994 e, in particolare, l’art. 6, punto 4, trova attuazione all’art. 7 del citato decreto, il quale fa propri e sviluppa gli obblighi sopra analizzati di cooperazione, coordinamento e informazione fra datori di lavoro.

 

Le  novità  del  Testo  Unico  (Legge n. 81/2008)

 

Riteniamo opportuno partire dalle Linee Guida per il Testo Unico, definite dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale; vi è un passaggio dedicato in maniera specifica al lavoro appaltato: “…Consideriamo infine come caratterizzante la previsione della rivisitazione della normativa sugli appalti, con particolare attenzione ai subappalti e al miglioramento delle regole che disciplinano il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi. In particolare saranno previsti strumenti in grado di valutare l’idoneità delle aziende che lavorino negli appalti utilizzando come parametro il rispetto delle norme di salute e sicurezza sul lavoro, considerato vincolante anche per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica di cui usufruiranno quindi solo le aziende considerate “virtuose”, in una logica premiale.”

L’art. 26 del Testo Unico è dedicato in maniera specifica a tale problematica; al comma 1 esso recita:

“…In caso di affidamento di lavori ad un’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, il datore di lavoro è tenuto a verificarne l’idoneità tecnico professionale, attraverso il sistema di qualificazione delle imprese che sarà definito con un decreto da emanarsi entro un anno”.

 

Verifica della idoneità tecnico professionale (Art. 26 – comma 1)

 

In realtà, per quanto riguarda la verifica dei requisiti tecnico‑professionali, già l’art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994 al punto a) del comma 1 prescrive che il datore di lavoro committente verifichi l’idoneità tecnico professionale dei soggetti che intervengono nella realizzazione dell’opera o della prestazione affidata.

L’esistenza di questo requisito viene accertata anche attraverso l’acquisizione del certificato d’iscrizione alla Camera di Commercio o certificazione equipollente per ditte operanti nell’ambito CE.

Al di là dell’uscita dell’apposito decreto anche in questo caso ci si può richiamare alle Linee Guida sull’applicazione del D.Lgs. n. 626/1994 per riuscire a definire i contenuti propri del requisito richiesto:

  • se “si reputi opportuno approfondire l’accertamento del possesso del citato requisito, la valutazione potrà essere arricchita dalla verifica della capacità dell’appaltatore di realizzare sicurezza attraverso la prevalutazione dei rischi e l’individuazione delle misure di protezione in relazione all’opera da eseguire, che è da considerarsi come requisito tecnico professionale che la ditta esecutrice può possedere: la valutazione può avere per oggetto il censimento dei rischi, l’esame degli stessi e la definizione delle misure di sicurezza relative, l’organizzazione del lavoro e la disponibilità di macchine ed attrezzature previste per la realizzazione dell’opera

 

Occorre richiedere che le macchine e gli impianti utilizzati dall’appaltatore siano corredati della dovuta documentazione di legge attestante la loro completa conformità a tutte le norme di sicurezza vigenti.

L’acquisizione delle informazioni citate rappresenta anche un elemento essenziale per realizzare quel coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione che il committente deve obbligatoriamente attuare; tra i requisiti che l’appaltatore deve possedere nel caso di esecuzione, manutenzione o trasformazione di particolari impianti rientrano quelli specificati nella legge 5 marzo 1990 n. 46.

La tabella n. 1 elenca i parametri di valutazione dei requisiti tecnico‑professionali delle imprese esecutrici in assenza del certificato di qualità secondo le norme ISO.

 

 

 

 

 

Tabella 1 ‑ Parametri di valutazione dei requisiti tecnico‑professionali delle imprese esecutrici in assenza del certificato di qualità secondo le norme ISO

 

1) Iscrizione presso la C.C.I.A.A.

2) Anzianità di iscrizione presso il registro delle imprese

3) Elenco dei lavori effettuati nell’ultimo triennio

4) Possesso delle certificazioni di abilitazione riconosciute ai sensi della legge n. 46/1990, in relazione ai lavoratori appaltati

5) Elenco delle macchine e attrezzature di cantiere da impiegare, con l’indicazione degli estremi di omologazione, le date delle ultime verifiche obbligatorie effettuate e il piano dei controlli giornalieri

6) Documentazione attestante l’avvenuto assolvimento degli obblighi informativi e formativi dei lavoratori (artt. 21‑22, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626)

7) Copia dell’atto di nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del medico competente e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

8) Copia del documento di valutazione dei rischi (art. 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626)

9) Copia del libro matricola e del registro infortuni corredati da una dichiarazione sul fenomeno infortunistico e delle malattie professionali negli ultimi 5 anni

10) Dichiarazione attestante il rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali previsti dalle leggi e dai contratti

11) Attestazione dell’assenza di prescrizioni positive degli organi di vigilanza negli ultimi 5 anni ovvero, in caso contrario, copia dei verbali di ispezione.

 

I criteri di scelta dei fornitori, nel rispetto delle norme fondamentali in materia di appalti, ed in particolare da quanto previsto dal comma 1 dell’art. 26 del Testo Unico in tema di idoneità tecnico‑professionale dei fornitori, e gli elementi che determinano le condizioni più favorevoli di acquisto, devono quindi costituire i due capisaldi sui quali si sviluppa l’attività di acquisto.

La scelta del fornitore deve essere il risultato di una valutazione complessiva che tenga conto di fattori come: ‑ reputazione; ‑ struttura adeguata; ‑ situazione finanziaria; ‑ disponibilità di alternative; ‑ valore dell’ordine/contratto; ‑ complessità degli aspetti tecnici; ‑idoneità tecnico‑professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in materia di igiene e sicurezza del lavoro, e di tutela ambientale, in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera.

La determinazione delle condizioni più favorevoli deve tenere in debita considerazione la migliore combinazione di fattori come:

–          miglior prezzo commercialmente disponibile;

–          qualità dei prodotti e dei servizi offerti;

–          tempi tecnici di realizzazione dell’opera;

–          rischio contrattuale;

–          modalità di pagamento;

–          costi operativi e di manutenzione successivi all’acquisto;

–          disponibilità per formare i lavoratori interessati dall’acquisto, qualora sia necessario;

–          impegni per il collaudo delle opere acquistate.

 

 

Cooperazione e coordinamento tra committente e appaltatori (Art. 26 – comma 2)

 

“Datori di lavoro e subappaltatori devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro connessi all’attività oggetto dell’appalto e devono coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente, anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.”

Già l’art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994 prevedeva esplicitamente che la cooperazione e la collaborazione tra committente e appaltatori non siano limitate esclusivamente alla sola esecuzione dei lavori, ma siano anche estese alla prevenzione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.

Tutti i datori di lavoro (committenti, appaltatori o lavoratori autonomi) devono informarsi reciprocamente sull’andamento della situazione per quanto riguarda l’igiene e la sicurezza del lavoro, intervenendo attivamente per prevenire i rischi dovuti, come negli appalti scorporati o promiscui, alle interferenze fra i lavori di diverse imprese e all’uso comune delle medesime attrezzature.

Il committente infatti non può più limitarsi ad “informare l’appaltatore dei rischi presenti in ambiente di lavoro” ma deve promuovere positivamente e attivamente il coordinamento degli interventi di prevenzione e protezione: tuttavia l’onere del coordinamento attribuito al committente non elimina la responsabilità dell’appaltatore per i rischi propri dell’attività specifica.

Utile in tal senso appare la circolare del Ministero del lavoro n. 8/2001 (dedicata alle pubbliche forniture, ma che enuncia principi interpretativi validi in via generale per tutti gli appalti), che dedica il paragrafo 4 agli adempimenti a carico dell’appaltatore e dell’appaltante in materia di sicurezza del lavoro, sul contratto d’appalto o contratto d’opera.

Premesso che per datore di lavoro deve intendersi tanto un soggetto privato quanto uno di natura pubblica, e precisamente il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, anche nell’ipotesi in cui il contratto d’appalto vincoli, quale committente dei servizi o delle forniture, una pubblica amministrazione, ne deriva che “il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi: verifica, anche attraverso l’iscrizione alla Camera di Commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico‑professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera; fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività”.

I datori di lavoro (committente e appaltatore): cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento ma tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

Vige, pertanto, anche per gli appalti di servizi e forniture aventi natura pubblica il principio secondo cui debitore di sicurezza verso i lavoratori non è solo il datore di lavoro appaltatore ma anche il soggetto committente.

Di conseguenza eventuali clausole di trasferimento del rischio dal soggetto appaltante al datore appaltatore, tese ad esonerare il primo da ogni onere di tutela della salute dei lavoratori e dalle conseguenti responsabilità, non hanno alcun effetto.

In pratica la mancata cooperazione all’attuazione delle misure (o per mancato coordinamento degli interventi) di protezione e prevenzione dovrà riferirsi tanto al datore appaltatore quanto al datore committente, entrambi punibili con la stessa sanzione, mentre per la mancata promozione della cooperazione e del coordinamento delle misure e degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi, la denuncia all’autorità giudiziaria sarà fatta nei confronti del datore committente, cui soltanto incombe l’obbligo di impulso.

È opportuno pertanto che:

1) vengano redatti eventuali atti scritti per promuovere la cooperazione ed il coordinamento;

2) venga individuato un referente con il compito di provvedere a dare impulso a questi ultimi.

 

 

Obbligo del committente di fornire le informazioni sui rischi specifici dell’ambiente di lavoro

 

L’obbligo del committente di fornire le necessarie informazioni prevenzionistiche alla ditta appaltatrice, limitato in precedenza dall’art. 5 del D.P.R. n. 547/1955 nei confronti dei soli lavoratori autonomi, viene ora esteso a tutte le categorie di appaltatori.

Le informazioni che il committente deve fornire all’appaltatore “devono essere tali ed in quantità sufficiente da permettere a quest’ultimo di valutare i rischi relativi all’ambiente di lavoro e di integrarli con quelli specifici della propria attività in modo da procedere alla predisposizione delle idonee misure di prevenzione” e dunque informazioni relative:

–          ai rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro (macchine e impianti, prevenzione incendi, piani di emergenza, sostanze e preparati pericolosi, aree ad accesso controllato, etc.);

–          alla presenza o assenza dei lavoratori del committente durante l’esecuzione dei lavori;

–          all’utilizzo di attrezzature e servizi del committente per l’esecuzione dei lavori (compatibilmente con la normativa vigente);

–          alla eventuale collaborazione dei lavoratori del committente all’esecuzione dei lavori (Circolare del Ministero del Lavoro del n. 99 del 22 aprile 1997).

 

Il Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti – DUVRI (Art. 26 – comma 3)

 

“Il datore di lavoro committente promuove tale cooperazione elaborando un unico documento di valutazione dei rischi (DUVRI) che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze

Tale documento va allegato al contratto di appalto o di opera.”

Anche in questo caso si tratta di un obbligo già previsto dal D.Lgs. 626/94, dalla Legge n. 123/2007 (Art. 3), ma scarsamente assolto, in quanto i documenti non vengono ancora elaborati e gli stessi organi di vigilanza non vigilano su tale adempimento, e la stessa cosa deve dirsi per la scarsa iniziativa dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Il datore di lavoro committente, deve inviare ai suoi appaltatori/fornitori un’apposita comunicazione con indicati i rischi presenti nel suo ambiente lavorativo e le misure di prevenzione, protezione ed emergenza adottate; il documento deve sempre essere elaborato, ed allegato ad ogni appalto, subappalto o altro affidamento di lavori, anche nel caso in cui i rischi da interferenza, per motivi debitamente motivati e argomentati, risultano insussistenti; tale obbligo sussiste anche per gli appalti già in essere alla data di entrata in vigore del T.U. (15 maggio 2008).

 

Il problema delle interferenze

 

Dopo aver analizzato le fasi in cui vengono svolte le attività affidate ad imprese esterne e lavoratori autonomi è necessario analizzare il programma dei lavori per poter individuare le interferenze fra diverse lavorazioni.

L’individuazione delle interferenze fra lavorazioni diverse avviene analizzando le concomitanze, le sovrapposizioni o le amplificazioni dei rischi dovute a situazioni ambientali, di tipo particolare o generale; a quel punto si dovrà verificare se sono disponibili misure di sicurezza integrative tali da renderle compatibili o se si dovrà ricorrere allo sfasamento temporale delle lavorazioni incompatibili.

Per ogni interferenza individuata, resa compatibile, si devono indicare:

  •  le lavorazioni interferenti;
  •  le misure di sicurezza integrative specifiche e chi dovrà realizzarle;
  • le modalità di verifica.

Per ogni incompatibilità individuata si devono indicare:

–          le lavorazioni incompatibili

–          il vincolo allo sfasamento temporale

–          le modalità di verifica.

Fatto questo ogni azienda committente dovrà produrre un documento (può essere anche una tabella, o puo’ essere incluso nel verbale di sopralluogo e/o coordinamento) in cui sia riportata l’evidenza di quest’analisi preventiva che sarà parte integrante della documentazione che già si doveva predisporre per l’art. 7 del D. Lgs. n. 626/94 comma 2, e che ora si chiamerà Documento di valutazione dei rischi da interferenze per la cooperazione e il coordinamento.

In base a quelli che sono  i contenuti del cronoprogramma dei lavori, così come individuato dal D.P.R. n. 222/2003, il documento dovrà evidenziare:

  1. Attività lavorative interferenti
  2. Azienda committente e imprese coinvolte
  3. Rischi d’interferenza o aggiuntivi esistenti
  4. Aree dell’azienda interessate
  5. Misure di sicurezza previste
  6. Costo delle misure di sicurezza
  7. Responsabile attuazione misure di sicurezza
  8. Modalità di verifica attuazione misure di sicurezza
  9. Date verifica

 

È ovvio che la situazione si complica ed i pericoli potenziali aumentano quando le imprese operanti contemporaneamente sono più di una, sovrapponendosi tra di loro ed eventualmente ad altre addette a montaggi, costruzioni, nonché al normale personale dello stabilimento; si presenta allora la necessità di formulare un programma, anche scritto, la cui osservanza va controllata dal Servizio di sicurezza dell’azienda in collaborazione con altri responsabili designati dalle imprese.

 

 

I commi 4 – 5 e 6 dell’art. 26

 

Comma 4: “…l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)”

 

Comma 5: “Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche in corso alla data di entrata in vigore del Testo Unico (15 maggio 2008), …(omissis)…, devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto.”

 

Comma 6: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”

 

Riteniamo superfluo ogni commento a questi commi, chiaramente tesi alla riduzione del lavoro nero ed alla esplicitazione delle garanzie finalizzate agli adempimenti in merito alla prevenzione e sicurezza sul lavoro; si evidenzia tuttavia il contenuto del comma 6, da tenere in particolare conto nella valutazione delle offerte economiche in sede di gara di appalto.

 

 

 

 

Un approccio  alla  gestione  del  nuovo  “Sistema  Sicurezza”

 

È lo standard BS OHSAS 18001 (nella sua recente revisione) che si allinea maggiormente alle esigenze delle Pubbliche Amministrazioni per le attività di monitoraggio dei servizi esternalizzati, con l’introduzione del requisito di monitoraggio dell’outsourcing.

Attraverso la progettazione di un Sistema Gestionale conforme alla norma OHSAS 18001 l’amministrazione pubblica ha, a supporto della propria organizzazione, un insieme di procedimenti, mezzi, risorse ed attività che portano ad un controllo concreto ed a una riduzione dei rischi negli ambienti di lavoro, alla prevenzione degli infortuni, alla garanzia della conformità legislativa, al miglioramento delle prestazioni in materia di sicurezza.

L’applicazione della norma OHSAS 18001 prevede che gli Enti Pubblici analizzino i propri Servizi, individuando:

• i pericoli per i lavoratori (eseguendo conseguentemente una valutazione dei rischi)

• l’attuazione di misure di prevenzione atte all’eliminazione o riduzione del rischio stesso

• la pianificazione di un programma di miglioramento per una continua riduzione del rischio residuo ed una migliore gestione controllata della sicurezza sul lavoro.

Le fasi fondamentali di un modello basato sugli standard OHSAS 18001 sono rappresentanti da:

 

  • assessment organizzativo e mappatura dei processi;
  •  gap analysis rispetto allo standard di riferimento;
  •  definizione del disegno del sistema di gestione;
  •  analisi dei pericoli e della valutazione dei rischi;
  •  definizione delle scelte della politica, degli obiettivi, dei programmi, delle responsabilità, dei ruoli e delle procedure;
  •  formazione del personale coinvolto nel sistema di gestione;
  •  esecuzione di verifiche sulla corretta applicazione del sistema.

 

Si dovrà pertanto verificare:

 

  • la completezza delle misure adottate e/o da adottare;
  • la loro organizzazione secondo la gerarchia preventiva in più parti richiamata (eliminare, ridurre, controllare i rischi; privilegiare le misure preventive collettive);
  • informazione e formazione;
  • sorveglianza sanitaria.

 

Per quanto riguarda il programma di attuazione delle misure di sicurezza, si dovrà valutarne la congruenza rispetto a:
 
–  gravità e diffusione dei rischi;
–  fattibilità tecnica;
–  organizzazione e risorse dell’azienda (costi/benefici

 

Sembra al proposito quanto mai necessario istituire una struttura di coordinamento tra Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione, Medico Competente, Esperto Qualificato, Medico Autorizzato, Direzione Sanitaria, Servizio Tecnico. 

Tale struttura, coordinata direttamente dal Direttore Sanitario o dal Direttore Medico all’interno del Presidio Ospedaliero, avrà il compito di stimolare e razionalizzare la soluzione dei problemi che via via si incontrano. 

E’ importante che i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza si rapportino anche con questa struttura di coordinamento, nella quale tra l’altro vi sono figure ulteriori rispetto a quelle strettamente previste dal D.Lgs. 626/94.

 

 

Ruolo  delle  Direzioni  Sanitarie

 

 

Anche se il D.Lgs. n. 626/94 non assegna, in maniera esplicita e diretta, compiti specifici al Direttore Sanitario nell’ambito della organizzazione delle strutture della Azienda Ospedaliera, o del Presidio Ospedaliero di Azienda Sanitaria Locale, deputate alla tutela della sicurezza dei lavoratori, è evidente tuttavia che l’assetto organizzativo delle Aziende Ospedaliere italiane, introdotto dal D.Igs. 502/92, così come modificato dal Decreto 517/93, si discosta dalle tradizionali modalità di governo dei Servizi Sanitari Ospedalieri, per lunghi anni determinate dalle disposizioni di legge emanate nel corso degli anni ’60 e non sostanzialmente modificate dalla legge quadro di “riforma sanitaria” del 1978 (L. 833).

Le previsioni stabilite dal legislatore, nonché il ruolo cruciale che viene, di fatto, svolto dalla Direzione Sanitaria (sia Aziendale sia di Presidio) – nell’ambito dell’organizzazione del lavoro ospedaliero e della programmazione dell’attività assistenziale – non possono non comportare un organico coinvolgimento delle stesse nell’ambito della prevenzione degli eventi infortunistici e dell’esercizio delle funzioni di medicina preventiva.

La Direzione Medica rappresenta infatti il momento unificante di quelle complesse e differenziate problematiche che sono costituite dalla necessità di garantire sicurezza a tutti quei soggetti che, a vario titolo, partecipano alla complessa e diversificata vita dell’Ospedale, prestando la propria opera professionale, risultando ricoverati o, più semplicemente, accedendovi anche in maniera occasionale ed estemporanea.

In particolare il Direttore Sanitario Aziendale partecipa, esprimendo il prescritto parere tecnico, alle scelte strategiche del Direttore Generale ed assume, con sempre maggiore evidenza, funzioni paragonabili a quelle del “direttore di produzione” di una azienda manifatturiera. 

Il Dirigente Medico del Presidio assume il compito di autorizzare l’esercizio della attività clinico assistenziale negli ambienti destinati a tale scopo, verifica che siano stati compiuti i prescritti accertamenti e collaudi sulle apparecchiatura sanitarie, prima di procedere al loro impiego clinico, acquisisce pertanto le certificazioni e le dichiarazioni di conformità degli impianti predisposte e redatte da parte dei competenti Uffici Tecnici e/o Servizi di Ingegneria Clinica.

Abbiamo già ricordato, nella prima parte, la necessità di un coordinamento, da parte della Direzione Sanitaria, per i rischi che possono interessare contemporaneamente i lavoratori, i pazienti e i visitatori, di tutte quelle azioni che sono state affidate alla Direzione Medica di Presidio, al SPP, al Medico Competente.

La crescente professionalità richiesta a questa specifica figura, peraltro, necessita di un complesso bagaglio culturale

multidisciplinare (sanitario, tecnico, giuridico, formativo ed organizzativo) che, vieppiù in futuro, dovrà caratterizzarne l’attività.

L’attività del Medico di Direzione Sanitaria deve pertanto coniugare gli aspetti scientifici e tecnici propri della sua precipua

professione con quelli tipici di un sistema organizzato di processi condotti da più soggetti, in cui tutti gli elementi di supporto

sono pianificati, tenuti sotto controllo e verificati, con un’attività che non si limita quindi alla sola professione di Medico di

Direzione Sanitaria, ma coinvolge piuttosto tutto il “sistema” ospedaliero che la supporta. 

 

 

 

Bibliografia:

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  4. Galantino, Il contenuto dell’obbligo di sicurezza, In La sicurezza del lavoro. Commento al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, a cura di Galantino, Milano, 1995, p. 48.
  5. Guariniello, Rassegna della Cassazione Penale, in ISL, 12, 2004.
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  7. Ichino, Corazza, Il nuovo mercato del lavoro. Inserto sulla correzione della cosiddetta riforma Biagi D.Lgs. 6 ottobre 2005 n. 251, Zanichelli, Bologna, 2004, 15-17;
  8. Montanile – “Come si fa il Medico Competente”  – Edicom Ed. 2003
  9. Montanile – “La sicurezza nelle strutture sanitarie” – Edicom Ed. 2005
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  12. Cass. Pen. sez. IV, 22 novembre 2004, n. 45068
  13. Cass. pen. 2 dicembre 1993, in Cass. Pen 1994, p. 9,

 

Dr. Antonio Montanile – Direttore Medico P.O. “Sen. A. PERRINO” – Brindisi  – ASL BR


 

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